Il limite invisibile tra Sicurezza ed Economia

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Fino a che punto l’Imprenditore dovrebbe economicamente spingersi per la sicurezza dei suoi dipendenti e dei consumatori? In altre parole, qual è il giusto compromesso tra la sicurezza e i costi aziendali e quindi il legittimo guadagno imprenditoriale?


Nei primi anni 2000, una nota serie TV legal americana, mandò in onda una puntata nella quale la Procura Distrettuale (protagonista della serie) incriminava il CEO di una multinazionale del Fast Food per la morte di 5 bambini infettati da Escherichia coli. In sostanza la società, pretendendo maggiori quantità di carne con le stesse tempistiche dal suo fornitore, di fatto aveva obbligato lo stesso, pena la rescissione del contratto, a lavorare la carne trascurando alcune procedure sanitarie e di sicurezza.

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In aula l’amministratore della società ribadì con forza che le misure sanitarie e di sicurezza richieste nella sua filiera erano rigorose ma che comunque dovevano essere proporzionate al legittimo guadagno. La morte di 5 bambini, se pur scioccante, non era indice di gravi mancanze sanitarie, considerando che i bambini serviti ogni mese dalla catena di ristoranti erano circa 25 milioni e che nessun altro, oltre ai famigliari di quei 5 bambini, avesse denunciato episodi analoghi. Il concetto espresso era che non si può raggiungere la Sicurezza Assoluta di ciò che si mangia o si usa e comunque un prodotto costruito con un tale livello così alto di sicurezza non sarebbe vendibile, laddove le logiche di Mercato impongono prezzi accessibili e concorrenziali.

Per corroborare quanto detto, il CEO arrivò a fare l’esempio delle case automobilistiche che potrebbero costruire automobili robuste come carri armati, permettendo a tante vite di salvarsi; ma quante persone potrebbero permettersi auto il cui costo sarebbe pari ad una casa? Concluse dicendo: “L’analisi rischio/beneficio non è indifferenza nei confronti della salute e della sicurezza, ma Gestione Responsabile.”

Parlando tra loro nel proprio ufficio, anche i Procuratori non biasimarono del tutto la logica del CEO, in quanto la Legge americana “non esige dalle aziende misure di sicurezza che la mettano fuori mercato”.

Ovviamente questa Causa era il frutto dell’immaginazione degli autori; tuttavia, solleva una questione che ancora oggi è attuale: qual è giusto limite tra sicurezza ed economia? Quando un rischio si dovrebbe definire accettabile e cioè condiviso anche dal lavoratore e dal consumatore?

 

LA SITUAZIONE FUORI DALL’ITALIA

In alcuni Paesi l’economia ha lo stesso peso della sicurezza. Pensiamo alla Svizzera, nella quale le norme di sicurezza non devono espressamente ridurre al minimo il rischio (come invece vorrebbe l’UE); bensì devono semplicemente essere (cito testualmente) quelle “necessarie per esperienza, tecnicamente applicabili e adatte alle circostanze” (art 82.1 LAINF).

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In Regno Unito la situazione è simile. La legislazione prevede che “ogni datore di lavoro è obbligato a garantire la salute, la sicurezza ed il benessere di tutto il suo personale per quanto ragionevolmente praticabile(Health and Safety at Work Act, sezione 2, n. 1). Il Regno Unito vinse una sentenza in Corte di Giustizia Europa contro la Commissione Europea proprio su tale questione. (Sentenza della Corte di Giustizia europea del 16 giugno 2007).

Domanda: un grave infortunio sarebbe accettabile per Svizzera e Regno Unito se le misure previste atte a impedirlo fossero state tutto ciò che era ragionevolmente praticabile ma non il massimo tecnicamente possibile?



LA SITUAZIONE IN ITALIA

Notevolmente diverso è il caso italiano.

Come ben sappiamo sia l’art 2086 del Codice civile, sia l’art 15 del Decreto Legislativo 81/2008, impongono alle aziende il principio del rischio ridotto al minimo tecnicamente possibile.

Nel 2016 la Corte di Cassazione ha alleggerito il principio, stabilendo che, laddove un’azienda possedesse un elevato livello di sicurezza per un dato sistema produttivo, non poteva essere costretta a sostituire nell’immediato quel sistema con uno più sicuro, dovendosi prima procedere ad un’analisi delle risorse e dei tempi (Sentenza Civile 3616/2016).

Tuttavia, la sentenza non ha chiarito cosa si intenda per “elevato livello di sicurezza” che potrebbe non essere il semplice obbligo di Legge, dato che quello è solo un ‘livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali’ (Art 1, comma 1, Dlgs 81/2008). E allora cosa dovrebbe fare, in concreto, un’azienda per raggiungere quell’elevato livello di sicurezza, così che dopo possa pensare a fare un calcolo economico? Dovrebbe adottare un Sistema di Gestione della Sicurezza secondo la norma ISO 45001? Forse, ma non tutte le aziende possono permetterselo; inoltre, l’applicazione della norma ISO 45001 è volontaria e non obbligatoria, anche per il nostro ordinamento giuridico.

Allora l’azienda dovrebbe assumere più personale per i controlli o acquistare sempre macchinari di ultima tecnologia? Forse, ma non tutte le aziende possono permetterselo se vogliono continuare a esistere.

E allora, che fare? La questione non è stata risolta: semplicemente è stata spostata un po' più in là.

 

Mentre questo limite invisibile tra Sicurezza ed Economia ancora continua a sfuggire (e chissà per quanto tempo ancora), noi della General Multiservice srl, abbiamo progettato un sistema per il calcolo di accettabilità del rischio (pubblicato sulla rivista scientifica dell’INAIL Infortuni e Malattie Professionali – Fasciolo 3/2018) che si adatta all’uso in qualsiasi nazione, inclusa l’Italia, indipendentemente da come la legislazione locale disponga.

 

Forse non risolverà definitivamente la questione economico-morale. Ma un piccolo passo in avanti è sempre meglio che rimanere dove siamo.

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